FAGIOLI DI PAGANICA

Area di Produzione

Paganica, Tempera, San Gregorio, Bazzano e Onna, tutte frazioni del Comune de L’Aquila.

Stagionalità

Semina in tarda primavera con raccolta in autunno.

Il Presidio

Responsabile Slow Food

Nicola Splendiani, tel. 338 4016767

nicolasplendiani@gmail.com

Referente dei produttori

Matteo Griguoli, tel. 338 7398037

griguolimatteo@yahoo.it

La coltivazione dei fagioli di Paganica richiede molta manodopera per il diserbo manuale delle erbe infestanti, per la sistemazione dei pali in legno (ottenuti dalle potature del bosco autunnali) che serviranno da sostegno delle piante, per la raccolta manuale e scalare (nell’arco di qualche settimana), e infine, per la separazione dei fagioli dai baccelli ormai secchi. Per questa ragione, dagli anni Settanta in poi, questa produzione è calata drasticamente. Inoltre, scelte politiche e territoriali errate hanno destinato all’industria e allo sviluppo edilizio terreni fertili e vocati alla coltivazione del fagiolo. Il futuro di questa coltivazione è legato ad un piccolo e motivato gruppo di giovani coltivatori che hanno creduto nella produzione dei fagioli sia come fonte di reddito sia come volano per la rinascita sociale del territorio.

I Produttori

Antonello Angelini

Paganica – L’Aquila, Via Luigi Biordi 3F
Tel. 349 3451746
antonelloangelini86@gmail.com

Emanuele Falerni

San Gregorio – L’Aquila, Via Paganica 6
tel. 327 7864032
azienda.falerni@gmail.com

Matteo Griguoli

Paganica – L’Aquila, Via Arco dei giusti, 2B
oppure Via della Perola
tel. 338 7398037
griguolimatteo@yahoo.it

Giuseppe Moro

Paganica – L’Aquila, Via delle Aie, 4
tel. 338 1693340
saraa1978@virgilio.it

Società Agricola La Simentale

Di Antonio Tennina
Paganica (Aq), Via Onna 11
tel. 389.0812524

Approfondimenti

I fagioli bianchi di Paganica sono stati importati dalla Francia, da Marsiglia, per mano di Giovan Battista Dragonetti. Le aree tuttora interessate dalla coltivazione dei fagioli sono le valli del Raiale e dell’Aterno, e soprattutto i paesi di Bazzano, Paganica, Onna, Fossa, dove i fagioli hanno rivestito un ruolo importante nell’alimentazione di intere popolazioni, quando la coltivazione di questo legume aveva una diffusione capillare. Si consumavano in minestre, insalate, pasta, o macinati per farina. Rispetto agli altri fagioli, quelli di Paganica, distinti tra “puseju co le mazze” (fagioli bianchi) e “tonni co le mazze” (fagioli a pane), non sono mai rientrati in quella categoria di alimenti etichettati col nome di “carne dei poveri”. Questo perché da sempre hanno avuto un mercato di nicchia ed un costo più alto rispetto ai fagioli “tunniti” e “biancucci”, due specie non rampicanti, che richiedevano meno impegno, precoci nella fioritura, di qualità inferiore, e coltivati nelle “ristroppole”, le stoppie della mietitura del grano.

La storia del Fagiolo di Paganica

Il piccolo borgo di Paganica, a 699 metri sul livello del mare, dista solo 7 chilometri dal capoluogo abruzzese. In questo luogo continua a perpetrarsi un rito che affonda le radici nella terra della conca del fiume Vera, dove i contadini, con molte difficoltà, coltivano in maniera tradizionale i loro fagioli. La coltivazione è attestata dall’inizio del Novecento ed era associata a quella del mais, che fungeva da supporto alla pianta rampicante del fagiolo mentre, a sua volta, il granturco riceveva beneficio dall’altra pianta che intrecciandosi lo rendeva più stabile e più riparato dal vento.

Fino a qualche decennio fa quella dei fagioli doveva essere una produzione importante, in grado di assicurare la vendita sui mercati regionali e limitrofi come quello di Rieti e Terni. La classica coltura irrigua impalcata con canne o frasche si estende su tutta l’area del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Si semina in tarda primavera, mentre la raccolta a mano avviene a fine estate, inizio autunno. Con fiore bianco, rampicanti, possono raggiungere i due metri di altezza se vengono sostenuti da appositi pali di legno di salice, del fagiolo di Paganica esistono due ecotipi, entrambi vengono coltivati con un ciclo che va dai 160 ai 180 giorni. L’unica differenza è il colore del seme: il fagiolo a pane (o “ad olio”), ha un colore compreso tra il beige, l’avana, il nocciola, ed ha un occhio centrale; mentre il fagiolo bianco (anche definito “a pisello”), è di colore bianco avorio ed è leggermente più tondo del primo. Il fagiolo bianco ha una buccia meno consistente, la parte interna burrosa ed è più tenero rispetto a quello “ad olio”, che però conserva maggiore fragranza e sapore dopo la cottura, che non deve superare i 30 minuti, per rispettare l’indice di qualità.

Sono ottimi cucinati da soli, conditi con un filo di olio extra vergine, sale e pepe, oppure utilizzati per la preparazione della tipica zuppa locale, a cui viene aggiunto del guanciale, altro prodotto che nel territorio non può mancare, e pane casereccio.

Slow Food Abruzzo

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I Presìdi Slow Food

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