Ventricina teramana
Area di Produzione
territorio della provincia di Teramo compreso tra le fasce montana, pedemontana e collinare del comprensorio dei Monti della Laga e del Gran Sasso.
Stagionalità
Si produce durante i mesi più freddi, principalmente in autunno, per via delle basse temperature ed è in commercio durante tutto l’anno. Viene consumata anche a pochi giorni dalla produzione ma la stagionatura prevista è di tre mesi.
Produttori
Fracassa Roberto
Sant’Egidio alla Vibrata (Te), Via Meucci 41
Tel. 0861 842363
www.fracassa.it
info@fracassa.it
Di Carmine Adina
Basciano (Te), Contrada Madonna delle Grazie
Tel. 0861 650190
www.isalumieri.it
info@isalumieri.it
Salumificio Fratelli Costantini G.N.E. s.r.l.
Torano Nuovo- Villa Bizzarri (Te), Via Montrone 17
Tel. 0861 82380 – 0861 856376
www.salumifici.it
ordini@salumifici.it
Approfondimenti
La nascita di questo prodotto è collocata nel 1800, ma già nel Decamerone di Giovanni Boccaccio (XIV secolo) si trova un riferimento che potrebbe alludere a questa tipologia di salume: “… e quindi passai in terra d’Abruzzi dove gli uomini e le femmine vanno in zoccoli su pè monti rivestendo i porci delle lor busecchie medesime…”. La prima attestazione storico-lessicale risale al 1800, quando Gennaro Finamore, nel Vocabolario dell’uso abruzzese scrive: “Vendricine. s.f. Salame di carne porcina insaccata nella trippa [ventre n.d.R.] del maiale istesso”. Già nel 1811, in Abruzzo Citra, l’attuale provincia di Chieti, la Statistica generale del Regno di Napoli voluta da Gioacchino Murat riporta: “il ventricolo del porco ripieno di carne condito di sale e di finocchi”, ingrediente quest’ultimo utilizzato ancora oggi. Il peperone secco, vero marchio della ventricina vastese, sembra entrare solo nel XIX secolo, quando la coltivazione del peperoncino proveniente dalle Americhe si diffonde in Italia ed è allora possibile pensare che la ventricina “bianca” sia più datata di quella “rossa”. Entrambe hanno rappresentato e rappresentano oggi un prodotto tipico di grande pregio.
La storia della Ventricina teramana
Molto apprezzata dal Re di Napoli nel XVIII secolo, la Ventricina teramana, o ventresca nel dialetto locale, insieme alla ventricina vastese, rappresenta la nota piccante della regione. Conosciuta anche come Ventricina di Crognaleto e di Nerito, è prodotta nella zona compresa tra la fascia montana e pedemontana-collinare del comprensorio del Gran Sasso e Monti della Laga.
Per la preparazione si utilizzano la carne e il grasso del maiale: ritagli di prosciutto e di testa (30%), pancetta e sugna (40%) dissanguati, scotennati, disossati e attentamente mondati dei tendini, infine macinati, e poi conditi con sale, pepe bianco e nero, peperoncino dolce e piccante, aglio, semi di finocchio, rosmarino e buccia di arancia. L’impasto viene poi insaccato nel ventre di suino, più precisamente nella vescica o nello stomaco. Così confezionato, è legato e appeso ad asciugare in una stanza riscaldata dal calore di un camino per circa una settimana e successivamente trasferito in un ambiente fresco, ideale per la stagionatura.
Diverse sono le varianti per la forma finale. Una versione è il culatello dove l’impasto, insaccato nella vescica di maiale o in budello naturale o sintetico, è conservato appeso; in alternativa l’impasto può essere riposto in un barattolo di vetro, in sostituzione dell’involucro animale. Il risultato è un salume unico, particolarmente grasso (50-60% dell’impasto), di colore chiaro, rosato e punteggiato dagli ingredienti triturati grossolanamente. Il sapore è rotondo e le sfumature di gusto, date dalle spezie e dalle essenze naturali, donano un accento particolarmente piccante. Oggi è tipico consumare la ventricina teramana in versione spalmabile, su una fetta di pane casereccio o utilizzata per la preparazione di sughi, a pochi giorni dalla sua produzione, ma la stagionatura ideale si raggiunge dopo i tre mesi.
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